Ai suoi tempi, il filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 – 1716) lamentava che la produzione libraria procedesse quasi «ad infinitum» e che ­ormai fosse impossibile stare al passo a causa della quantità spropositata. Quando fu inventata la radio, si temette che il nuovo mezzo di comunicazione potesse distrarre i giovani e ridurre le loro capacità di concen­trazione. L’avvento della fotografia nel XIX secolo suscitò preoccupazione per ­l’invasione della sfera privata.

Tutto questo per dire che il timore nei confronti delle nuove tecnologie fa parte della natura umana. Le nuove tecnologie, però, rendono la vita più semplice, sicura, conveniente e sostenibile. Mentre nessuno si sognerebbe mai di mettere in discussione l’utilità delle nuove tecnologie nella ­medicina o in ambito energetico, è proprio nel settore delle tecnologie dell’informazione che si concentrano le critiche più accese. La gestione dei nostri dati e la protezione della sfera privata, da un lato, e la continua espansione dei colossi tecnologici, titolari di un potere di mercato illimitato e in grado di influenzare le persone, dall’altro, generano qualche ­malumore, non del tutto ingiustificato.

Quale sarebbe allora la soluzione? Guardare con nostalgia al passato, all’era dei walkman, quando si improvvisavano mix di canzoni su cassette da infilare nell’apposito scomparto a ingranaggi, che puntualmente rallentavano con l’esaurirsi delle batterie? «Rosee retrospettive», così gli psicologi chiamano l’inclinazione a guardare al passato con rosea benevolenza. Lasciamoci piuttosto trasportare dall’entusiasmo verso un futuro fatto di innovazione, dove potremo avvantaggiarci delle nuove tecnologie, rimanendo però sempre pronti ad alzare dei paletti e a regolamentarne l’uso all’occorrenza.